In Erasmus con la Fibrosi Cistica
Erano i primi giorni di marzo, quando dissi ai miei genitori che avevo vinto una borsa di studio Erasmus e che a settembre sarei partita per dieci mesi, per finire il terzo anno d’università. Inutile dirvi la faccia che fecero: se da una parte erano estremamente contenti ed orgogliosi, dall’altra il loro pensiero andò immediatamente alla FC.
Come dargli torto, d’altronde, non si trattava di due settimane ma praticamente di un intero anno, nel quale mi sarei dovuta gestire in maniera autonoma tutto, dall’imprevisto alle solite terapie quotidiane, non che non lo facessi già, ma sapete un conto è avere qualcuno che ogni giorno, indirettamente, è pronto a sostenerti e ad aiutarti, tutt’altra questione era invece sbrigarmela da sola.
Nonostante i miei genitori fossero favorevoli fin da subito, questo non mi avrebbe esulato dal parlarne con i dottori perché la verità, purtroppo o per fortuna, è che se non mi avessero dato il loro consenso, probabilmente avrei dovuto cambiare i miei programmi. Fortunatamente, quando gli accennai questa mia decisione ne furono molto contenti, facemmo diverse ricerche sul web per cercare di capire in quale centro mi sarei potuta appoggiare in caso di necessità, non che mi piacesse ma, si sa, meglio prevenire che curare. Preparammo poi tutti i certificati che mi permisero di imbarcare un enorme quantità di medicinali e finalmente il 9 settembre partii lasciando dietro tutte le sicurezze del mondo per andare incontro ad un qualcosa di ignoto che di lì a poco mi avrebbe cambiato la vita.
In tutto questo tempo non ho mai pensato che avere la Fibrosi Cistica avrebbe potuto intaccare o ostacolare il mio percorso, ed infatti non mi sono risparmiata in niente, ho vissuto quest’esperienza al 101% visitando posti incredibili, conoscendo culture e tradizioni diverse, partecipando alle serate più belle, ma rimanendo sempre con i piedi per terra e prestando la giusta attenzione alla mia vera coinquilina di vita: la FC.
Se fino ad adesso ho descritto il bello della medaglia, non possono negare che ci sono stati dei piccoli incidenti di percorso proprio a causa della FC: ho avuto piccole e varie ricadute, mi sono dovuta far visitare da alcuni dottori, tentando di spiegare in spagnolo la mia malattia, sono andata alla ricerca di qualche centro per farmi fare una lastra ai polmoni (perché non ero in formissima), non considerando che più di qualche volta sono dovuta tornare in Italia per fare le mie solite visite.
È vero l’imprevisto per un paziente FC potrebbe essere sempre dietro l’angolo, meno attenzione alle terapie e subito arriva un raffreddore che potrebbe sfociare in chissà che cosa, ti scordi gli enzimi ed ecco che sei costretto a rimanere a casa per i forti mal di pancia, ma nonostante i possibili imprevisti che ho incontrato, rifarei tutto da capo, perché esperienze come queste sono uniche ed inimmaginabili.
Ero fortemente convinta della decisione che avevo preso e per nessun motivo al mondo sarei tornata indietro, sentivo l’esigenza di andare via da Roma, evadere da questa città frenetica, alla ricerca di quella libertà, spensieratezza e non so neanche io cos’altro che speravo di trovare lontano da casa. Devo dire che la fortuna fu a mio favore, in questa esperienza mi accompagnò una coinquilina incredibile con cui insieme ad altri ragazzi incontrati lì, creammo quella che a breve avremmo definito “familia”. La verità è che non ci fu giorno che non passammo insieme a progettare viaggi, uscite, sessioni intensive di studio e tutto quello che realmente ci faceva sentire felici; questo piccolo gruppo di persone ha arricchito la mia esperienza e mi ha permesso di creare milioni di piccoli ricordi che tutt’oggi porto nel cuore, non eravamo tanti ma quelli giusti per sentirsi a casa anche quando la casa in realtà era ben lontana da noi.
Sofia